Un mare di gialli

Una tranquilla passeggiata sulla spiaggia









Una mattina, Francesco Danovaro - un arzillo settantenne, che aveva fatto per quarant’anni il professore di Liceo - stava passeggiando sulla spiaggia di Vernazzola, quando vide delle auto della polizia arrivare a sirena spiegata, dirette verso un palazzo lì vicino.
“Deve essere successo qualcosa di grave” pensò fra sé e sé e, essendo una persona molto curiosa, decise di avviarsi verso le auto della polizia.
Avvicinatosi, vide un ispettore che era diventato suo amico, visto che già qualche volta aveva potuto aiutarlo a risolvere enigmi all’apparenza insolubili.
”Salve, ispettore Bianchetti. Che è successo, già di prima mattina?”
L’ispettore, un po’ stupito nel vedersi di fronte il professore, di cui conosceva bene l’abilità a risolvere enigmi, decise di metterlo al corrente di quanto sapeva:
”In effetti, sì. Un signore lì al pian terreno è morto, pare respirando gas, mentre era svenuto. Al momento pensiamo ad un suicidio o ad un incidente. Infatti, la porta della stanza era chiusa con un paletto interno, di quelli che si bloccano sullo stipite e anche la finestra era chiusa dall’interno.”
Entrati insieme nel palazzo, l’ispettore  mostrò al professore la scena che si erano trovati davanti, mentre gli agenti della Polizia Scientifica stavano facendo i loro rilievi. Raccontò, quindi, al professore la scena che avevano trovato al momento del loro arrivo: la porta che effettivamente era chiusa dall’interno col paletto e la finestra, come il professore poté constatare di persona, era stata aperta dal figlio del morto, quando aveva rotto il vetro dall’esterno per entrare in casa.
Questi era un giovanotto sui trent’anni che, come aveva già raccontato all’ispettore, aveva chiamato sia l’ambulanza che la polizia, una volta riuscito ad entrare in casa; la cosa che insospettì subito il professor Danovaro, e a dire il vero anche l’ispettore,  fu che il morto risultò essere molto ricco e che l’unico erede, che diventava automaticamente il maggior sospettato, era proprio il figlio.
Fin dal primo esame, risultò chiaro che l’uomo era morto per le esalazioni del gas, ma l’ispettore notò che aveva anche una ferita alla tempia; poteva essersela procurata cadendo svenuto dopo aver respirato i gas, ma né l’ispettore né il professore erano totalmente convinti di questa ipotesi.
Una cosa, in particolare, attirò l’attenzione del professore, un dettaglio apparentemente sfuggito a tutti: una piccola pozza d’acqua proprio sotto la porta, dalla parte della stanza chiusa. Doveva esserci una ragione, ma lì per lì non si capiva bene quale.
D’un tratto il professore capì, era il classico “mistero della stanza chiusa” e prendendo da parte l’ispettore (non voleva, infatti, togliergli il merito della scoperta), gli confidò i suoi sospetti: l’uomo non era morto suicidato, ma era stato ucciso dal figlio per avere tutta l’eredità e la ferita era dovuta proprio ad un colpo sulla tempia, che lo aveva fatto svenire.
Questi poi, per inscenare un incidente, aveva aperto il gas (senza accenderlo) e – qui “il colpo di genio”, per non farsi scoprire - aveva messo un cubetto di ghiaccio nel blocco del paletto, in modo che lui potesse uscire e quando il ghiaccio si fosse sciolto la porta sarebbe rimasta chiusa dall’interno,  simulando un suicidio o un incidente.
Sarebbe stato un piano perfetto, se non fosse stato per quella piccola pozza d’acqua, apparentemente inspiegabile, e per lo spirito di osservazione e l’acume del professor Danovaro.
Risolto l’enigma, il figlio fu arrestato, l’ispettore ringraziò il suo amico e questi poté tornare alla sua passeggiata sulla spiaggia.

Stefano Rossi



Gioco d’azzardo

Erano le dieci del mattino quando l’ispettor Gorini ricevette una telefonata dal Signor Zanchi: ”Ieri sera ho visto una luce abbagliante provenire dalla finestra dei miei vicini, la famiglia Biso. La stessa sera provai a chiamarli e a bussare alla loro porta ma non ricevetti nessuna risposta”
Gorini, insospettito, si recò all’abitazione di Zanchi: ” Mi descriva dettagliatamente la luce vista la scorsa notte” Zanchi rispose: ”Erano le dieci di sera ed io stavo guardando la TV sul mio divano quando una luce abbagliante, proveniente dalla finestra dei Biso, rubò la mia attenzione”.
L’ispettore bussò alla casa dei Biso, ma non aprì nessuno così decise di chiamare una squadra che lo aiutò ad aprire la porta. Entrato in casa, non trovò nessun indizio a parte un biglietto di una nave per Napoli. Gorini ricevette una telefonata dalla Centrale di Polizia di Sturla che lo avvisò che il signor Biso aveva ereditato recentemente una grossa somma di denaro dallo zio deceduto che però spendeva nel gioco d’azzardo. Gorini ebbe un’intuizione: poteva la moglie aver ucciso il marito per tenersi l’eredità?
L’ipotesi di Gorini era ben fondata, infatti, andati al porto avvistarono la signora Biso che stava per imbarcarsi sulla nave diretta a Napoli e la condusse in centrale dove la interrogarono. La donna, giovane e molto carina, fu costretta a confessare: ho sparato a mio marito con una pistola lanciarazzi, di quelle che sparano fuochi d’artificio che si possono usare dalla finestra di casa, sperando che la luce bianca che emette facesse pensare a una festa. Poi ho buttato il cadavere tra gli scogli della Spiaggia di Vernazzola. Non volevo che mio marito sperperasse tutti quei soldi in quella maniera, ma non sentiva ragione perché per lui il gioco d’azzardo era come una malattia”.
La spiaggia di Vernazzola è particolarmente piccola e alcune case sono costruite praticamente sulla spiaggia. In particolare quella dove abitavano i signori Biso si erige sulla parte più scogliosa: dal poggiolo di casa, al primo piano del palazzo, la signora Biso poteva addirittura aver buttato il corpo dal poggiolo per poi nasconderlo, trascinandolo, fra gli scogli. Gorini trovò il corpo che venne trasportato in obitorio per l’autopsia: il risultato coincideva con quanto raccontato dalla signora Biso, che venne arrestata e condannata per omicidio volontario a 25 anni di carcere.
Oliviero Grillo




IL FURTO NELLA PALESTRA

Nella palestra della mia scuola è stato commesso un furto.

Il preside ha annunciato che nessuno uscirà di lì finchè il colpevole non sarà individuato. Io e il mio aiutante Andrea ci mettiamo in azione per scoprire la verità.
Per prima cosa chiediamo al preside cosa è stato rubato, lui ci risponde che qualcuno gli ha preso di nascosto il portafoglio; allora noi ci mettiamo subito a indagare, il mio aiutante Andrea non fa meno di notare che sul pavimento della palestra vicino alla porta d’uscita c’è un orecchino, appartiene probabilmente alla persona che ha compiuto il furto. Nel frattempo il preside faceva l’appello della nostra classe: mancano quattro alunne, Tosolini, Moretti, Delavigne e Giovagnoli. Io e Andrea chiediamo il permesso per uscire dalla palestra e cercare la colpevole tra le quattro sospettate e ci viene concesso. Ci avviamo per chiedere informazioni agli alunni delle diverse classi. Dopo alcuni
 tentativi domandiamo a un alunno tornato dal bagno che finalmente ci dice dove si trova Tosolini. Ci dirigiamo in presidenza dove la troviamo convocata dalla Professoressa Parodi per aver fatto cadere involontariamente dalle scale una prof. Di sostegno che è finita all’ospedale. Spieghiamo l’accaduto alla vice-preside e chiediamo il permesso di interrogare la sospettata. Abbiamo poco tempo e la tempestiamo di domande. Purtroppo otteniamo informazioni irrilevanti e scopriamo che non era presente durante l’ora del furto. Veniamo a conoscenza che Vittoria Moretti era scivolata ed era in infermeria, gli chiediamo lo stesso delle informazioni, lei non ci disse nulla, evidentemente pensò Andrea che stava coprendo una delle due alunne sospettate, le ultime rimaste.
Troviamo poi un gruppo di pompieri davanti all’ascensore. Meravigliati io e il mio aiutante chiediamo loro cosa ci facevano li davanti, loro ci rispondono che stavano tirando fuori un’alunna che aveva il gesso alla gamba ma gli erano caduti gli occhiali e così non aveva letto il cartello “guasto”. Era sicuramente Delavigne che portava gli occhiali e quel giorno aveva il gesso alla gamba, perciò la colpevole era per forza Giovagnoli che troviamo al primo piano vicino al distributore. Con un rapido inseguimento riusciamo a catturarla e dopo la portiamo giù in palestra e confessa a tutti di aver rubato il portafoglio del preside per prendere delle merendine dal distributore automatico.
Alla fine si uniscono alla Tosolini in presidenza Moretti per aver coperto la colpevole, Delavigne per non aver visto il cartello “guasto” sull’ascensore e soprattutto Giovagnoli per aver commesso il furto, mentre io e il mio aiutante Andrea Vercellino riceviamo le congratulazioni dal preside per aver risolto il caso.
Davide Mariotti



DELITTO A VERNAZZOLA

Era una serata afosa di Agosto e i ragazzi aspettavano da settimane questo momento.

La “voce” si era sparsa velocemente su facebook e l’appuntamento era lì: “sulla spiaggia di Vernazzola”.
Tutti erano molto felici: c’era gente proveniente da varie città e c’erano persone di ogni genere.
La polizia era allerta ed ogni tanto qualche agente girava tra i ragazzi.
All’improvviso un urlo… una ragazza di nome Virginia era stata accoltellata alla schiena mentre mangiava la pizza e scherzava con i suoi amici.
Si capì subito che era molto grave e per l’ispettore si preannunciava una lunga e difficile serata.
La ragazza giunse all’ospedale ormai morta e da quel momento scattarono le indagini.
Si scoprì che l’arma del delitto era un coltello da macellaio e subito venne interrogato Luca, l’amico di Virginia che lavorava in macelleria.
L’uomo, per sua fortuna, si trovava in quel momento al bar della società Urania: c’erano dei testimoni.
Dopo varie immagini la pista portò dritto al colpevole: Marco l’ex-fidanzato della ragazza che, geloso del rapporto che si era instaurato tra lei e Luca, aveva giurato che gliel’avrebbe fatta pagare.
In seguito a vari pedinamenti trovano Marco tutto indaffarato nel cercare di far sparire i suoi vestiti insanguinati e lo arrestararono.
Il caso era chiuso.
Camilla Romei